Sextortion e Revenge Porn: Uomini Vittime di Ricatto, Donne di Vendetta. Meta e le Associazioni in Prima Linea per Fermare il Fenomeno

Un fenomeno oscuro e complesso, quello della violenza online legata alla diffusione di materiale intimo. Se il "revenge porn" colpisce in prevalenza le donne, la "sextortion" miete vittime soprattutto tra gli uomini. A fare il punto della situazione un recente incontro a Milano, organizzato da Meta, che ha visto la partecipazione di esperti e testimoni diretti, come Diletta Leotta. Scopriamo insieme le differenze, i dati allarmanti e, soprattutto, gli strumenti che la tecnologia e la legge ci mettono a disposizione per difenderci.
La notizia

Due facce della stessa medaglia: Revenge Porn e Sextortion

Ciao a tutti! Oggi parliamo di un argomento delicato ma importantissimo, che tocca le vite di molte più persone di quanto immaginiamo: la violenza online legata alla condivisione non consensuale di immagini intime. Spesso si fa di tutta l'erba un fascio, ma è fondamentale capire che ci sono differenze sostanziali. Durante un recente incontro a Milano, organizzato da Meta, si è fatta luce su due fenomeni distinti: il revenge porn e la sextortion.

A spiegarlo molto chiaramente è stato Matteo Flora, presidente dell'associazione PermessoNegato, un vero e proprio punto di riferimento in Italia per chi subisce questo tipo di abusi. Se il revenge porn, ovvero la "vendetta pornografica", vede purtroppo le donne come vittime principali (circa il 70% dei casi secondo i dati di PermessoNegato), con ex partner che diffondono materiale intimo per vendetta dopo la fine di una relazione, la situazione si ribalta con la sextortion. "L'80% delle vittime di sextortion è di sesso maschile", ha dichiarato Flora. Un dato che fa riflettere e che scardina molti preconcetti.

Ma cos'è esattamente la sextortion? A differenza del revenge porn, qui la finalità è puramente economica. I criminali, spesso organizzati in vere e proprie reti, adescano le vittime online, le convincono a produrre o condividere materiale intimo e poi passano al ricatto: o paghi, o le tue immagini finiscono in rete, visibili a familiari, amici e colleghi. È un'estorsione a sfondo sessuale in piena regola, che fa leva sulla vergogna e sulla paura.

La testimonianza di Diletta Leotta: "Nove anni fa non c'erano leggi specifiche"

A moderare l'incontro c'era un volto noto, quello di Diletta Leotta, che ha vissuto sulla propria pelle l'incubo della violenza online. Nel 2016, la conduttrice è stata vittima di un attacco hacker che ha portato alla diffusione di sue foto privatissime. La sua testimonianza è stata toccante e potente: "Nove anni fa non c'erano leggi specifiche a tutela di chi vedeva le sue immagini oggetto di ricatto ma oggi le cose sono cambiate, con strumenti legali e tecnologici a supporto di chi vuole denunciare". Ed è proprio questo il messaggio di speranza: oggi non si è più soli. Da allora, infatti, è stata introdotta in Italia la legge sul "Codice Rosso", che ha inserito il reato specifico di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.).

I dati in Italia: un quadro preoccupante

Il fenomeno, purtroppo, è in crescita. Jacopo Ierussi, presidente di AssoInfluencer, ha snocciolato dati che non possono lasciare indifferenti: "Secondo recenti dati, l'Italia sia quinta in Europa per reati di sextortion, con 1.500 casi dichiarati e 2.000 indagini attive sulla pedopornografia online". Questi numeri, come sottolineato anche da PermessoNegato, sono probabilmente sottostimati, perché la vergogna spinge molte vittime, soprattutto uomini, a non denunciare. La Polizia Postale ha inoltre rilevato un aumento dei casi di sextortion, con un coinvolgimento sempre più preoccupante di adolescenti tra i 15 e i 17 anni.

La tecnologia come arma di difesa: le mosse di Meta

Se la tecnologia può essere usata per ferire, può e deve essere anche la prima linea di difesa. E su questo fronte, le piattaforme social come quelle del gruppo Meta stanno investendo molto. Laura Bononcini, Public Policy Director for Southern Europe di Meta, ha spiegato come l'intelligenza artificiale sia un'alleata fondamentale: "In più del 96% dei casi, l'IA aiuta Meta a eliminare i contenuti sessuali non consensuali, prima ancora che diventino virali".

Ma non è tutto. Meta collabora attivamente con altre piattaforme per creare un fronte comune. Attraverso un sistema di "etichettatura digitale" (hashing), un contenuto rimosso da Instagram o Facebook viene segnalato anche agli altri operatori del settore, in modo da impedirne la ricondivisione altrove. Un'iniziativa cruciale in questo senso è "Take It Down", gestita dal National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC) e supportata da Meta, che permette di creare un'impronta digitale unica di un'immagine intima per bloccarne proattivamente la diffusione.

In particolare, Instagram ha introdotto una serie di strumenti pensati per proteggere gli utenti, specialmente i più giovani:

  • Protezione delle immagini di nudo: una funzione che sfoca in automatico le immagini contenenti nudità ricevute nei messaggi diretti. Sarà l'utente a decidere se visualizzarle o meno, ricevendo al contempo un avviso sui potenziali rischi. Per gli under 18, questa funzione è attiva di default.
  • Blocco degli screenshot: non è più possibile fare screenshot o registrazioni di foto e video temporanei, quelli che si possono visualizzare una sola volta.
  • Blocca e Segnala: un'opzione per bloccare e segnalare simultaneamente un account molesto.
  • Protezioni per gli account dei teenager: impostazioni predefinite che limitano i contatti da parte di account sospetti e i contenuti potenzialmente sensibili a cui possono essere esposti.

Prevenire è meglio che curare: la guida pratica e i workshop

La consapevolezza è il primo passo per proteggersi. Per questo, Meta e PermessoNegato hanno unito le forze per creare una guida pratica per prevenire la sextortion. All'interno si trovano consigli utili, un glossario per familiarizzare con i termini del fenomeno e un focus sugli strumenti di Instagram per navigare più sicuri. L'iniziativa non si ferma qui: sono stati annunciati anche dei workshop dedicati ai professionisti della comunicazione, per diffondere il più possibile la conoscenza di questo problema e delle soluzioni esistenti.

Cosa fare se si è vittime? I consigli degli esperti

La Polizia Postale e associazioni come PermessoNegato sono concordi su alcuni punti fondamentali se ci si trova sotto ricatto:

  1. Non cedere mai al ricatto: pagare non fermerà le richieste, anzi, le alimenterà.
  2. Non vergognarsi e parlarne: confidarsi con una persona di fiducia è il primo passo per rompere l'isolamento. Ricordate, la colpa non è della vittima, ma del criminale.
  3. Conservare tutto: non cancellare messaggi, screenshot delle conversazioni, profili degli estorsori. Sono prove fondamentali.
  4. Denunciare subito: rivolgersi alla Polizia Postale o contattare associazioni specializzate come PermessoNegato, che offrono supporto tecnologico, legale e psicologico gratuito.

Conclusione: un problema culturale da affrontare insieme

La lotta alla sextortion e al revenge porn non è solo una questione di tecnologia o di leggi, ma è profondamente culturale. Riguarda l'educazione al rispetto, al consenso e alla consapevolezza digitale. È incoraggiante vedere colossi come Meta scendere in campo con strumenti concreti e collaborare con realtà preziose come PermessoNegato. La testimonianza di persone come Diletta Leotta, che hanno il coraggio di esporsi per aiutare gli altri, è un faro di speranza. La strada è ancora lunga, ma la direzione è quella giusta: creare un ambiente online più sicuro per tutti, dove la vulnerabilità non sia un'arma nelle mani dei criminali, ma un punto di forza da proteggere collettivamente. Non siamo soli, e parlarne è il primo, potentissimo, passo per sconfiggere la paura.