La Danimarca dichiara guerra ai social per i minori di 15 anni: "Stanno rubando l'infanzia ai nostri figli"

Giro di vite in Danimarca: la premier Mette Frederiksen ha annunciato una proposta di legge per vietare l'uso dei social network ai minori di 15 anni. Una mossa drastica per proteggere i più giovani dai rischi del mondo digitale, che segue l'esempio di altri Paesi come l'Australia e accende il dibattito in tutta Europa.
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Amici lettori, tenetevi forte perché dalla Danimarca arriva una notizia che sta facendo il giro del mondo e che tocca un nervo scoperto per tutti noi, genitori in primis, ma anche zii, nonni e chiunque abbia a cuore il benessere dei più piccoli. Il governo danese, per bocca della sua prima ministra Mette Frederiksen, ha lanciato una vera e propria bomba: la proposta di vietare l'uso dei social network ai ragazzi con meno di 15 anni. Una decisione forte, destinata a far discutere, ma che nasce da una preoccupazione sempre più diffusa.

"I cellulari e i social network stanno rubando l'infanzia ai nostri figli". Con queste parole, tanto semplici quanto potenti, la premier Frederiksen ha spiegato la mossa del suo governo durante il discorso di apertura della sessione parlamentare. "Abbiamo scatenato un mostro", ha aggiunto, dipingendo un quadro allarmante della situazione giovanile nel suo Paese e, in fondo, in gran parte del mondo occidentale.

Una generazione in casa, con lo sguardo fisso sullo schermo

Ma quali sono i dati che hanno spinto la Danimarca a una misura così drastica? La premier ha citato una statistica preoccupante: ben il 60% dei ragazzi danesi tra gli 11 e i 19 anni preferisce rimanere a casa piuttosto che uscire con gli amici nel tempo libero. Un dato che fa riflettere su come la socialità, quella vera, fatta di sguardi, risate e giochi all'aria aperta, stia lasciando il passo a un'interazione filtrata da uno schermo. E non è tutto. Frederiksen ha espresso forte preoccupazione per l'aumento di ansia, depressione e mancanza di concentrazione tra i giovanissimi, fenomeni che molti studi collegano a un uso eccessivo e non regolamentato dei social media.

La proposta di legge, che sarà presentata a breve e discussa in Parlamento a partire dal 21 ottobre, mira a diventare operativa già dal prossimo anno. Non si tratta, però, di un divieto assoluto e senza appello. Il disegno di legge prevederà una sorta di "clausola genitoriale": i genitori avranno la facoltà di autorizzare i propri figli all'uso dei social a partire dai 13 anni. Un compromesso che cerca di bilanciare la necessità di protezione con il rispetto delle scelte familiari.

Il grande puzzle del controllo: come funzionerà il divieto?

La domanda che sorge spontanea è: come faranno a controllare? Ad oggi, le modalità specifiche per l'applicazione di questo divieto non sono ancora state definite. Questo è il vero nodo gordiano che anche altri Paesi stanno cercando di sciogliere. Verificare l'età online è una sfida complessa, che solleva questioni delicate legate alla privacy e alla fattibilità tecnica. Si parlerà di caricare documenti? Di usare sistemi di riconoscimento facciale? La strada è ancora tutta da definire e sarà interessante vedere quali soluzioni proporrà Copenaghen.

Questa iniziativa non nasce dal nulla. Già a febbraio 2025, la Danimarca aveva introdotto il divieto di usare gli smartphone nelle scuole, rendendole di fatto "phone-free" per gli studenti dai 7 ai 17 anni. Una scelta che si basa sui risultati di una Commissione sul benessere, istituita nel 2023, che ha messo nero su bianco i rischi legati alla digitalizzazione precoce: dipendenza, cyberbullismo e una pressione sociale insostenibile per le giovani menti in via di sviluppo.

La Danimarca non è sola: il fronte internazionale si allarga

Quella danese non è una battaglia solitaria. Anzi, si inserisce in un movimento globale che vede sempre più governi preoccupati per l'impatto dei social sui minori.

  • Australia: È stata una vera e propria pioniera. Già alla fine del 2024, il parlamento australiano ha approvato una legge che vieta l'accesso a piattaforme come TikTok, X, Facebook e Instagram ai minori di 16 anni. Una delle normative più severe al mondo, che obbliga le piattaforme a implementare seri sistemi di verifica dell'età.
  • Grecia: A giugno, ha proposto di fissare una "maggiore età digitale" a livello europeo, sotto la quale sarebbe necessario il consenso dei genitori per accedere ai social. Recentemente, si è spinta oltre, proponendo un disegno di legge per bloccare l'accesso ai social ai minori di 15 anni tramite un'app statale chiamata "Kids Wallet".
  • Francia, Spagna e Grecia insieme: In un documento congiunto, hanno chiesto all'Unione Europea misure più severe, come la verifica dell'età obbligatoria e controlli parentali integrati in tutti i dispositivi.

Anche a livello di Unione Europea il dibattito è accesissimo. Si discute di come armonizzare le regole, visto che attualmente il GDPR fissa un'età minima di 13 anni per il consenso al trattamento dei dati, ma lascia ai singoli Stati la possibilità di alzarla (in Italia, ad esempio, è 14 anni). L'obiettivo è creare un quadro normativo uniforme per evitare che i giganti del tech possano sfruttare le differenze legislative.

Conclusione: una battaglia giusta, ma complessa

Dal mio punto di vista, l'iniziativa della Danimarca, così come quelle di Australia e Grecia, è un segnale forte e necessario. Per troppo tempo abbiamo lasciato che i nostri figli si avventurassero in un "selvaggio West digitale" senza regole chiare e senza le adeguate protezioni. È innegabile che i social media offrano opportunità di connessione e apprendimento, ma è altrettanto evidente che i rischi, per un cervello in piena fase di sviluppo, sono enormi. La dipendenza da like, il confronto sociale costante, l'esposizione a contenuti inappropriati e il cyberbullismo sono minacce reali che stanno lasciando cicatrici profonde su un'intera generazione.

Certo, la strada del divieto non è semplice. Le sfide tecniche per la verifica dell'età sono complesse e il rischio che i ragazzi trovino comunque il modo di aggirare le regole è alto. Ma questo non può essere un alibi per l'inazione. La proposta danese ha il merito di scuotere le coscienze e di porre al centro del dibattito politico una questione non più rimandabile. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di governarla. Si tratta di restituire ai nostri ragazzi pezzi di quell'infanzia che, come dice la premier Frederiksen, gli è stata "rubata". E forse, più che di divieti, avremmo bisogno di un grande patto educativo che coinvolga famiglie, scuole e, finalmente, anche le piattaforme digitali, chiamate ad assumersi le proprie responsabilità. La battaglia è appena iniziata, ed è una battaglia per il futuro dei nostri figli.