Ehilà, amici del web! Tenetevi forte, perché Oltremanica sta succedendo qualcosa di grosso che potrebbe cambiare le regole del gioco per uno dei giganti più potenti del pianeta: Google. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del Regno Unito, meglio nota come CMA (Competition and Markets Authority), ha messo nero su bianco una decisione che era nell'aria da un po': Google è stata ufficialmente designata come un'azienda con "status di mercato strategico" (SMS).
"E quindi?", vi starete chiedendo. Beh, non è una cosa da poco. Questa etichetta, che suona un po' come un titolo nobiliare al contrario, è il primo passo di un nuovo regime normativo entrato in vigore nel Regno Unito all'inizio di quest'anno. In parole povere, la CMA ora ha il potere di imporre a Google regole su misura, più stringenti e mirate, per assicurarsi che il mercato digitale rimanga competitivo e giusto per tutti. Una sorta di "superpoteri" per l'autorità di vigilanza, pensati per tenere a bada lo strapotere delle Big Tech.
Ma perché proprio Google? Il gigante nel mirino
La domanda sorge spontanea: perché la CMA ha deciso di concentrarsi su Google? La risposta è piuttosto semplice e si riassume in una parola: dominio. Secondo l'autorità britannica, Google detiene un "potere di mercato sostanziale e consolidato" nel settore della ricerca online e della pubblicità legata alle ricerche. Per darvi un'idea, pensate che oltre il 90% di tutte le ricerche effettuate nel Regno Unito passa attraverso la sua piattaforma. Un vero e proprio monopolio di fatto che, secondo la CMA, richiede un intervento per garantire che non venga abusato a discapito di concorrenti e consumatori.
Questa designazione non riguarda solo la classica ricerca da computer. L'ambito di applicazione è vasto e include:
- I servizi di ricerca generale e la pubblicità di ricerca.
 - Le nuove funzionalità basate sull'intelligenza artificiale, come AI Overviews e AI Mode.
 - Il feed Discover e la sezione Top Stories che troviamo sui nostri smartphone.
 
È interessante notare, però, che per ora sono stati esclusi dal perimetro l'assistente AI Gemini e l'app di Google News. La CMA ha comunque precisato che terrà d'occhio l'evoluzione del mercato e non esclude di includerli in futuro.
Cosa succederà adesso? Le possibili nuove regole
Ok, abbiamo capito che la situazione è seria. Ma in concreto, cosa rischia Google? È importante sottolineare che questa designazione non è una multa né un'accusa di illecito. Piuttosto, è il via libera per la CMA per iniziare a pensare a delle "intervenzioni mirate". L'autorità inizierà una fase di consultazione entro la fine dell'anno per decidere quali misure adottare.
Le ipotesi sul tavolo sono diverse e potrebbero davvero cambiare il nostro modo di navigare e interagire con i servizi di Google. Tra le idee discusse ci sono:
- Schermate di scelta (Choice Screens): Immaginate di accendere un nuovo telefono e, invece di trovare Chrome come browser predefinito, vi venisse presentata una schermata per scegliere tra diversi motori di ricerca. Questo darebbe più visibilità a concorrenti come DuckDuckGo, Ecosia o Bing, aumentando la libertà di scelta per gli utenti.
 - Maggiore trasparenza: La CMA potrebbe imporre a Google di essere più trasparente su come funzionano i suoi algoritmi di ranking, per garantire che i risultati di ricerca siano equi e non favoriscano i propri servizi.
 - Controllo sui dati: Si parla della possibilità di permettere agli utenti di trasferire più facilmente i propri dati di ricerca da una piattaforma all'altra, un po' come facciamo con il numero di telefono quando cambiamo operatore.
 - Limiti alla auto-preferenza: Regole più severe per impedire a Google di favorire i propri prodotti e servizi (come Google Maps, Google Shopping, etc.) all'interno dei risultati di ricerca.
 
L'obiettivo finale, come ha dichiarato Will Hayter, Direttore Esecutivo per i Mercati Digitali della CMA, è "sbloccare opportunità per le aziende grandi e piccole per sostenere l'innovazione e la crescita, guidando gli investimenti in tutta l'economia del Regno Unito".
La reazione di Google e il contesto internazionale
Naturalmente, da Mountain View non sono rimasti a guardare. Google ha preso atto della decisione, ma ha anche espresso una certa preoccupazione. Oliver Bethell, direttore senior per la concorrenza di Google, ha sottolineato come l'azienda abbia contribuito con ben 118 miliardi di sterline all'economia del Regno Unito solo nel 2023. Il timore è che "regolamenti eccessivamente onerosi" possano "rallentare il lancio di nuovi prodotti" e frenare l'innovazione, specialmente in un momento di grande fermento per l'intelligenza artificiale.
È fondamentale capire che la mossa del Regno Unito non è un caso isolato. Si inserisce in un contesto globale di crescente attenzione verso il potere delle Big Tech. L'Unione Europea con il suo Digital Markets Act (DMA), gli Stati Uniti e il Giappone stanno tutti andando nella stessa direzione, cercando di creare un ecosistema digitale più equilibrato e competitivo.
Conclusione: un passo verso un web più equo?
Dal mio punto di vista, la decisione della CMA è un segnale forte e necessario. Per anni abbiamo assistito a una concentrazione di potere quasi incontrastata nelle mani di poche, gigantesche aziende tecnologiche. Se da un lato i loro servizi hanno indubbiamente portato benefici e innovazioni incredibili, dall'altro hanno anche soffocato la concorrenza e limitato le scelte a disposizione di consumatori e imprese.
Non si tratta di "punire" Google, ma di "riequilibrare il campo da gioco". L'idea di poter scegliere più liberamente i servizi da utilizzare, di avere maggiore trasparenza sugli algoritmi che modellano la nostra percezione della realtà online e di favorire la nascita di nuove alternative non può che essere positiva. Certo, la sfida sarà trovare il giusto equilibrio per non soffocare l'innovazione, come teme Google. Il percorso è appena iniziato e sarà affascinante vedere come queste nuove regole trasformeranno concretamente il panorama digitale, non solo nel Regno Unito ma, potenzialmente, in tutto il mondo. Una cosa è certa: il vento sta cambiando e per i giganti del web è tempo di adattarsi.
                            