Amici del blog, tenetevi forte perché la notizia che vi sto per raccontare ha del clamoroso. Vi ricordate di DeepSeek? La startup cinese di intelligenza artificiale che a inizio 2025 ha fatto tremare i colossi americani come OpenAI con il suo chatbot super performante e a basso costo? Bene, dopo un lungo, lunghissimo periodo di silenzio mediatico, quasi un anno, hanno deciso di tornare sotto i riflettori. E non l'hanno fatto in punta di piedi.
Durante la prestigiosa World Internet Conference di Wuzhen, un evento di caratura mondiale organizzato dal governo cinese, ha preso la parola Chen Deli, un ricercatore senior di DeepSeek. E invece di tessere le lodi della loro creatura tecnologica, ha lanciato un avvertimento che ha lasciato tutti a bocca aperta, un vero e proprio pugno nello stomaco per gli entusiasti dell'IA a tutti i costi.
"Sono ottimista sulla tecnologia, pessimista sull'impatto sociale"
Questa è la frase, riportata dall'agenzia di stampa Reuters, che riassume perfettamente il pensiero di Chen Deli e che sta facendo il giro del mondo. "Ho un atteggiamento estremamente positivo nei confronti della tecnologia, ma vedo in modo negativo l'impatto che potrebbe avere sulla società", ha dichiarato senza mezzi termini. Ma cosa significa esattamente? Secondo il manager, il rischio concreto è che "nei prossimi 10-20 anni, l'intelligenza artificiale potrebbe farsi carico del lavoro svolto dagli esseri umani e a quel punto il mondo dovrà affrontare una sfida enorme". Un futuro, quindi, non così roseo come ce lo dipingono, dove milioni di posti di lavoro potrebbero essere a rischio.
Chen Deli ha poi aggiunto un carico da novanta, affermando che in questo scenario spetterà proprio alle aziende tecnologiche, le stesse che stanno creando questa rivoluzione, "assumere il ruolo di difensori dell'uomo". Una dichiarazione forte, quasi un'ammissione di responsabilità che arriva da uno dei protagonisti di questa corsa all'oro dell'intelligenza artificiale. È la prima volta che da DeepSeek arrivano parole così caute e riflessive, un cambio di rotta notevole rispetto all'aggressività con cui si sono presentati sul mercato globale.
Il caso DeepSeek in Italia: tra blocco del Garante e accesso ancora possibile
Mentre in Cina si interrogano sul futuro dell'umanità, qui in Italia la questione DeepSeek è ben più terrena e riguarda la nostra privacy. Come molti di voi ricorderanno, a inizio 2025 il Garante per la protezione dei dati personali ha messo gli occhi sul chatbot cinese, sollevando non poche perplessità sulla gestione dei dati degli utenti italiani. L'Autorità ha disposto una limitazione al trattamento dei dati, accusando la società di scarsa trasparenza e di non fornire garanzie adeguate, soprattutto riguardo al trasferimento delle informazioni su server situati in Cina.
Nonostante il provvedimento del Garante, che ha portato anche alla rimozione dell'app dagli store ufficiali, sembra che il servizio di DeepSeek sia ancora, in qualche modo, accessibile dal nostro Paese. Una situazione intricata che evidenzia la difficoltà di regolamentare un gigante tecnologico che opera su scala globale e che, a detta del Garante, ha fornito risposte "del tutto insufficienti" alle richieste di chiarimento.
La sfida a OpenAI e l'orgoglio tecnologico cinese
Le parole di Chen Deli non devono però farci dimenticare la portata della sfida lanciata da DeepSeek. Nata nel 2023, questa startup ha sviluppato modelli linguistici open source che, secondo diversi test, sono in grado di competere e talvolta superare le prestazioni di mostri sacri come ChatGPT di OpenAI. Il tutto con un vantaggio non da poco: un costo e un consumo energetico drasticamente ridotti. Questo successo è stato possibile anche grazie a un'architettura innovativa (chiamata mixture of experts) e a un approccio che ha trasformato le sanzioni statunitensi in un'opportunità.
Infatti, a causa del divieto per le compagnie cinesi di acquistare i più recenti e potenti semiconduttori da aziende americane come Nvidia, DeepSeek ha puntato tutto su chip prodotti in casa, come quelli di Huawei. Una mossa che non solo ha dimostrato la resilienza e la capacità di innovazione dell'industria tecnologica cinese, ma che ha anche permesso a Pechino di celebrare DeepSeek come un simbolo di orgoglio nazionale. Nonostante alcune difficoltà tecniche e ritardi segnalati nello sviluppo di nuovi modelli proprio a causa dei chip cinesi, la strada sembra ormai tracciata verso una maggiore autosufficienza tecnologica.
Conclusione: un campanello d'allarme da non ignorare
Le dichiarazioni di Chen Deli alla World Internet Conference sono molto più di una semplice uscita pubblica. Rappresentano una crepa nel muro di ottimismo che spesso circonda il mondo dell'intelligenza artificiale. Sentire un esponente di spicco di una delle aziende leader del settore parlare apertamente di "sfida enorme" e di "impatto negativo sulla società" è un fatto di una rilevanza straordinaria. Ci obbliga a fermarci e a riflettere. Siamo davvero pronti a gestire una tecnologia così potente? Chi proteggerà i lavoratori dalla disoccupazione di massa? E come possiamo garantire che i nostri dati non vengano usati in modi che non possiamo controllare?
La vicenda di DeepSeek, con le sue luci abbaglianti (l'innovazione tecnologica, la competizione che stimola il mercato) e le sue ombre inquietanti (la gestione della privacy, i dubbi etici sul futuro del lavoro), è l'emblema perfetto delle contraddizioni del nostro tempo. Una cosa è certa: le parole di Chen Deli non possono e non devono essere ignorate. Sono un invito, per tutti noi, a partecipare a un dibattito che non è più per soli addetti ai lavori, ma che riguarda il futuro di ognuno di noi.
