Big Data in Italia: un mercato da 4 miliardi che corre verso l'IA, ma con il freno a mano tirato

Il mercato dei Big Data e Analytics in Italia è in piena espansione e ha superato la soglia dei 4 miliardi di euro con una crescita del 20%. Un boom spinto soprattutto dall'Intelligenza Artificiale. Eppure, secondo l'ultimo report dell'Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, sono ancora troppe le aziende, grandi e piccole, che non riescono a sfruttare appieno questa enorme opportunità. Scopriamo insieme perché l'Italia dei dati viaggia a due velocità e quali sono le sfide per non rimanere indietro.
La notizia

Amici appassionati di tecnologia e innovazione, tenetevi forte! I dati, quelli che ormai vengono definiti il "nuovo petrolio", in Italia stanno facendo faville. Il mercato del Data Management & Analytics ha ufficialmente sfondato il muro dei 4 miliardi di euro, per la precisione 4,1 miliardi, con una crescita impressionante del 20% nell'ultimo anno. A rivelarlo è la ricerca dell'autorevole Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno "Data & Decision Intelligence: pilotare l'AI per usarla davvero!". Un vero e proprio boom che ci racconta di un Paese sempre più consapevole del valore nascosto in quella miniera d'oro che sono le informazioni.

L'Intelligenza Artificiale mette il turbo, ma non per tutti

A trainare questa corsa è senza dubbio l'Intelligenza Artificiale, in particolare quella Generativa che tutti abbiamo imparato a conoscere. La spesa in Business Intelligence e Data Science è schizzata a un +27%. Le aziende investono in nuove applicazioni di IA e in soluzioni già pronte all'uso che, pensate un po', pesano già per circa il 5% dell'intero mercato. Ma qui, come nelle migliori storie, arriva il "ma". Se da un lato i numeri sono da capogiro, dall'altro emerge un quadro a tinte chiaroscurali. Moltissime aziende italiane, infatti, sembrano avere una Ferrari parcheggiata in garage senza però avere la patente per guidarla.

Il problema? Spesso mancano le basi: architetture per la gestione dei dati che non sono adeguate e, soprattutto, una strategia chiara su come governare e valorizzare questo patrimonio. I dati e l'intelligenza artificiale, come sottolinea Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio, "non possono più viaggiare su binari separati". Bisogna integrarli, farli dialogare, altrimenti il rischio è di sprecare un potenziale enorme o, peggio, di creare nuovi problemi.

Le grandi aziende: tra piattaforme e strategie mancanti

Guardando più da vicino le grandi imprese, la situazione è complessa. Da un lato, l'87% ha già costruito una propria "data platform", ovvero una base tecnologica solida. Dall'altro, però, i nodi vengono al pettine quando si parla di strategia. Ecco qualche numero che fa riflettere:

  • Solo il 38% delle grandi aziende ha definito una chiara strategia per valorizzare i propri dati.
  • Appena 1 su 5 (il 20%) ha nominato una figura chiave come il Chief Data Officer, un vero e proprio "signore dei dati" che dovrebbe guidare questa rivoluzione.
  • Più di un quarto delle grandi imprese non ha ancora avviato nemmeno un progetto di Advanced Analytics, cioè di analisi avanzata dei dati.

In pratica, molte aziende hanno gli strumenti ma non il manuale di istruzioni. È un paradosso che rallenta l'innovazione e impedisce di cogliere i benefici reali che l'IA potrebbe portare in termini di efficienza e nuove opportunità di business.

I settori che corrono di più (e chi arranca)

La crescita, come spesso accade, non è uguale per tutti. Alcuni settori hanno ingranato la quinta, altri si muovono con più cautela. Ecco la classifica degli "sprinter":

  1. Servizi: +27%
  2. Banche: +22%
  3. Assicurazioni e Manifattura: +21%

Seguono a ruota GDO/Retail, Telco, Media e Utility con un comunque ottimo +16%. E la Pubblica Amministrazione? Purtroppo, si conferma un po' il fanalino di coda, con una crescita più lenta del 17% e un peso sul mercato totale di appena il 6%. Un dato su cui riflettere, considerando l'enorme potenziale dei dati pubblici per migliorare i servizi ai cittadini.

E le PMI? Un risveglio a metà

Una delle notizie più belle che arrivano dalla ricerca riguarda le Piccole e Medie Imprese, il cuore pulsante della nostra economia. Nel 2025, ben l'89% delle PMI italiane svolge attività di analisi dei dati, con un balzo di 10 punti rispetto all'anno precedente. È un segnale fantastico, che dimostra una crescente sensibilità al tema.

Tuttavia, anche qui, non è tutto oro quello che luccica. Spesso, questa analisi dati si traduce in "pratiche occasionali realizzate attraverso fogli elettronici, senza figure dedicate". Solo una PMI su tre può contare su professionisti incaricati di analizzare i dati, e la maggior parte non ha ancora fatto investimenti importanti in tecnologie specifiche. È un po' come voler partecipare a una gara di Formula 1 con l'utilitaria di famiglia: l'entusiasmo c'è, ma la struttura è ancora da costruire.

Conclusione: accelerare, ma con giudizio

Cosa ci portiamo a casa da questa fotografia del mondo dei dati italiano? Sicuramente un grande ottimismo. Il mercato cresce a ritmi vertiginosi e la consapevolezza dell'importanza strategica dei dati e dell'IA è ormai diffusa. Siamo di fronte a un'onda di innovazione che può davvero cambiare il volto delle nostre imprese e del nostro Paese. Però, non possiamo permetterci di navigare a vista. L'entusiasmo e gli investimenti in tecnologia da soli non bastano. Serve un cambio culturale profondo. Serve investire in competenze, formare le persone. Serve definire una governance chiara, decidere chi fa cosa e con quali regole. E, soprattutto, serve una strategia che parta dalle reali esigenze del business per poi usare dati e IA come strumenti potentissimi per raggiungerle. Altrimenti, il rischio è di avere un motore potentissimo che gira a vuoto, sprecando una delle più grandi occasioni di crescita della nostra epoca.