Se nella mattinata di lunedì 20 ottobre vi siete svegliati con la strana sensazione che Internet fosse "rotto", non eravate i soli. Per ore, un'enorme fetta del web è diventata inaccessibile, lenta o semplicemente inutilizzabile. La colpa? Un vasto e improvviso blackout di Amazon Web Services (AWS), la spina dorsale invisibile su cui poggia una quantità impressionante di servizi digitali che usiamo ogni giorno. Un evento che ha spento app, giochi e piattaforme in tutto il mondo, dimostrando quanto la nostra vita digitale sia appesa a un filo, o meglio, a una "nuvola".
Cronaca di un disastro annunciato: cosa è successo esattamente?
Tutto è iniziato nelle prime ore del mattino in Italia, quando gli utenti hanno cominciato a segnalare problemi a catena. Il guasto ha avuto origine in uno dei cuori pulsanti dell'infrastruttura di Amazon: la regione US-EAST-1, situata nella Virginia del Nord. Questa non è una regione qualsiasi, ma uno degli snodi più cruciali e trafficati dell'intera rete cloud mondiale, da cui dipendono innumerevoli servizi a livello globale.
Amazon ha confermato quasi subito di star indagando su "elevati tassi di errore e latenze" in quella regione. La causa scatenante, come emerso in seguito, è stata identificata in un problema di risoluzione DNS che ha colpito un servizio fondamentale chiamato DynamoDB. Per dirla in parole semplici, è come se la gigantesca rubrica telefonica di Internet avesse smesso di funzionare, impedendo ai servizi di "trovarsi" tra loro. Da lì, è partito un devastante effetto domino.
Il malfunzionamento di DynamoDB ha mandato in crisi altri componenti chiave come EC2 (il servizio che fornisce capacità di calcolo) e i Network Load Balancer, estendendo il blackout a macchia d'olio e paralizzando l'ecosistema. Non si è trattato di un attacco hacker, ma di un complesso guasto operativo interno.
L'impatto globale: chi è stato colpito dal blackout?
La lista delle "vittime" di questo disservizio è lunghissima e attraversa ogni settore. Downdetector, il sito che monitora le interruzioni dei servizi online, ha registrato un picco di oltre 17 milioni di segnalazioni a livello globale, rendendolo uno dei più grandi blackout mai registrati. L'impatto si è esteso a più di 3.500 aziende in oltre 60 paesi.
Ecco solo alcuni dei servizi più noti che sono andati in tilt:
- Social Media e Messaggistica: Snapchat, Reddit e Signal sono stati tra i più colpiti, con milioni di utenti impossibilitati a comunicare o accedere ai contenuti.
 - Gaming: Titani come Fortnite, Roblox, Clash Royale e Brawl Stars sono diventati irraggiungibili, scatenando la frustrazione di migliaia di giocatori.
 - Servizi di produttività e creatività: Piattaforme come Canva, Slack e Adobe Creative Cloud hanno subito rallentamenti e interruzioni, impattando il lavoro di professionisti e aziende.
 - Finanza e Pagamenti: App come Venmo, Coinbase e Robinhood hanno avuto problemi, bloccando transazioni e accesso ai conti.
 - Servizi Amazon: Persino i servizi di casa Amazon, come l'assistente vocale Alexa e i campanelli smart Ring, hanno smesso di funzionare correttamente.
 
Anche in Italia l'impatto si è fatto sentire, con segnalazioni di problemi su portali di servizi pubblici come quello dell'Agenzia delle Entrate e su servizi di home banking come quello di Intesa Sanpaolo.
La lunga via verso la normalità
I team di Amazon si sono messi subito al lavoro per risolvere il problema. Dopo aver identificato la causa nel sistema DNS, i tecnici hanno iniziato ad applicare le prime contromisure. Tuttavia, il ripristino è stato tutt'altro che immediato. L'effetto a cascata aveva generato un enorme arretrato di richieste e processi in coda, che ha richiesto ore per essere smaltito.
Per gestire la situazione, Amazon ha dovuto limitare temporaneamente alcune operazioni, come l'avvio di nuove istanze di calcolo, per ridurre la pressione sull'infrastruttura. Solo dopo un'intera giornata di lavoro, durata complessivamente oltre 15 ore, Amazon ha potuto dichiarare ufficialmente risolto l'incidente, confermando che tutti i servizi erano tornati alla piena operatività.
Conclusione: una lezione sulla fragilità digitale
L'incidente del 20 ottobre 2025 è molto più di una semplice notizia tecnica. È un campanello d'allarme che ci ricorda quanto la nostra economia e le nostre vite sociali siano dipendenti da un'infrastruttura digitale centralizzata nelle mani di pochi, giganteschi player. Abbiamo costruito un mondo interconnesso e apparentemente decentralizzato, per poi scoprire che poggia su fondamenta condivise e, come abbiamo visto, vulnerabili.
Questo evento non solo ha causato perdite economiche e disagi per milioni di persone, ma solleva anche domande cruciali sulla resilienza e sulla necessità di strategie multi-cloud e di disaster recovery più efficaci. La lezione è chiara: quando uno dei pilastri di Internet trema, l'onda d'urto si propaga ovunque. È un promemoria del fatto che, nell'era digitale, la nostra più grande forza – l'interconnessione – può anche rivelarsi la nostra più grande debolezza.
                            